Blockchain, intelligenza artificiale, machine learning, big data, analisi geospaziale, realtà virtuale, in una parola: proptech, crasi di “property” e “technology”. O, per dirla all’italiana – perdendo un po’ d’appeal – tecnologia immobiliare. Trovare soluzioni digitali a problemi reali da qualche tempo è un mantra e il real estate non fa eccezione: solo lo scorso anno, stando ai rilievi di Venture Scanner, a livello globale nel proptech sono stati investiti 26 miliardi di dollari, e già durante i primi tre mesi di quest’anno i miliardi puntati sulla tecnologia immobiliare sono stati 5,2. «Anche in Italia il trend di crescita del proptech è molto elevato», spiega a Economy Andrea Ciaramella, docente e professore associato del dipartimento Abc del Politecnico di Milano nonché cofondatore e coordinatore scientifico dell’Italian proptech network, che aggrega 52 tra startup e scale-up, oltre a partner del calibro di Accenture, Bnp Paribas, Vodafone, Colliers e Covivio. «Nel 2018 le realtà proptech in Italia erano appena 43, l’anno successivo 108, circa 120 nel 2020, l’anno scorso erano 184 e quest’anno contiamo già 217 aziende», dice Ciaramella, anticipando che la mappatura che si chiuderà a fine mese probabilmente attesterà intorno a 250 il numero delle proptech. I numeri sono quelli dell’Italian PropTech Monitor (Ipm), il rapporto annuale – prodotto della collaborazione tra il Real Estate Center del Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito del Politecnico di Milano e l’Italian PropTech Network – che dal 2018, appunto, restituisce il monitoraggio del fenomeno proptech in Italia. «Pur essendo per la maggior parte proptech di nuova costituzione, fondate tra il 2015 e il 2021», continua Ciaramella, «sono riuscite a consolidare il proprio business in breve tempo, entrando in fasi più solide del ciclo di vita aziendale, in cui il riscontro degli investitori e del mercato è positivo e vi è un evidente interesse ai prodotti e servizi sviluppati».

Proptech in cinque declinazioni
Ma si fa presto a dire proptech: native italiane o provenienti – poco meno di una su cinque – dall’estero (ma spesso con fondatori italiani), le 217 realtà censite dall’Italian PropTech Network appartengono a cluster differenti. Quello che, storicamente, ci è più familiare è quello della Sharing Economy: in Italia sono 38 (il 18,9% delle realtà censite) le proptech che operano sul “consumo collaborativo” degli immobili, che si tratti di residenze (coliving), di spazi di lavoro (coworking) o di location commerciali, o che propongono soluzioni che favoriscono le relazioni e gli scambi tra utilizzatori finali dell’ambiente costruito a diverse scale (dell’edificio, del quartiere o della città), al fine di creare una dimensione di comunità e di reciproco aiuto tra abitanti, cittadini o turisti. Come Easylife House, proptech specializzata nella gestione di affitti brevi, che promuove gli appartamenti in gestione sulle principali piattaforme utilizzate per gli affitti brevi, in particolare Airbnb, Booking e Vrbo, nonché il sito proprietario (www.easylife.house), massimizzando in questo modo l’occupancy ed il rendimento per i proprietari. «Ho iniziato nel 2015 con il mio appartamento e l’anno dopo ho avviato Easylife House», spiega a Economy il fondatore, Donato Cella. «Oggi abbiamo 150 strutture in gestione, principalmente a Milano, ma anche a Venezia, a Paestum e abbiamo progetti su Roma per replicare la struttura di Milano grazie all’appoggio di Crédit Agricole che ci ha accolti all’interno di Le Village, il suo incubatore di startup. A maggio 2022 abbiamo chiuso il primo round di finanziamento da un milione, che finanzierà il piano di sviluppo: nel 2025 vogliamo arrivare ai 1500 appartamenti gestiti nelle principali città italiane».

Poi c’è il Real Estate Fintech, con 56 realtà (il 25,8%) che si concentrano sulla fase transazionale della proprietà immobiliare, incluse le relative informazioni a supporto delle transazioni commerciali. Questo cluster include anche gli investimenti immobiliari tramite strategie di crowdfunding, i mutui, la gestione dei portafogli e la conversione di immobili residenziali tramite mercati secondari. Le 38 proptech (il 17,5% dello Smart Real Estate, invece, curano l’operatività e la gestione degli asset immobiliari (smart builinding) sia che usano sia che supportano piattaforme high-tech, incluse visualizzazione immersiva e realtà aumentata. Ma il cluster più affollato, con 65 proptech (il 30%) è quello del Professional Services: soluzioni di consulting, location intelligence, management, marketing dedicate specificamente agli operatori, ma anche soluzioni di deal e aggreement che utilizzano blockchain e big data analytics per supportare gli operatori del real estate, proprietari e/o acquirenti di immobili nella ricerca di informazioni sugli immobili, nella certificazione della conformità, nella stesura e validazione dei contratti e della gestione del processo di transazione. «Credo fortemente che la tecnologia debba essere concepita come il vero fattore abilitante di transazioni più sicure, veloci e trasparenti per dare un servizio migliore a tutti gli attori del settore», dice a Economy Dario Cardile, serial entrepreneur con oltre 25 anni di esperienza nel mondo digitale in realtà come Paypal, Expedia, LastMinute e Groupon e nel real estate come Hubzu (il secondo player di mercato per aste in Usa), che tornato in Italia con il socio Paolo Castelletti, ha creato Kaaja con un solo obiettivo: semplificare radicalmente il processo di compravendita immobiliare. «Tenendo sempre il cliente al centro, la missione di Kaaja è quella di digitalizzare tutte le operazioni di intermediazione: dalla raccolta documentale fino alla pubblicazione, dalla promozione all’offerta, fino alla registrazione del preliminare – interamente notarizzato su blockchain – utilizzando una rete di agenti immobiliari qualificati per rispondere a concrete esigenze di mercato e permettere agli operatori di settore di passare dal primo contatto al contratto senza frizione alcuna. In un momento storico così complesso solo la tecnologia può giocare quel ruolo di efficienza e trasparenza per ripristinare la confidenza del consumatore. Per questo ho creato (con Paolo) Kaaja: la prima piattaforma digitale in Italia che notarizza l’intero processo di compravendita immobiliari in blockchain: from contact to contract».

e Niccolò Vigotti (Woodskin Materea Industries)
L’obiettivo di Marcello Panizzutti, fondato, insieme a Giulio Sammartini, di D4re, è simile, anche se non offre aste e non utilizza la blockchain. Con una differenza: «La nostra piattaforma è focalizzata sugli asset commerciali – spiega -. La gestione di tutta la transazione avviene su piattaforma, a parte la notarizzazione, che cercheremo di arrivare a implementare entro un anno. È la piattaforma che crea brochure e teaser online, permette la condivisione del portfolio con gli altri broker e consente di creare un sito dedicato (e indicizzato) con appena qualche centinaio di euro. Ci hanno finanziato alcuni business angels, ora siamo fare di raccolta e stiamo parlando con diversi fondi».
Ultimo in ordine di apparizione – sul mercato, ma anche nel censimento dell’Italian PropTech Network il ConTech, termine che nasce dalla crasi di due vocaboli inglesi, construction e technology: in Italia sono appena 17 (il 7,8%) le proptech che applicano le tecnologie digitali nell’industria delle costruzioni, dalla fase di progettazione ai materiali utilizzati. Come la Woodskin Materea Industries di Niccolò Vigotti: «Abbiamo ideato un processo di realizzazione di superfici tridimensionali in architettura sviluppando un software che ne gestisce le complessità», spiega a Economy. «Abbiamo dei configuratori che, per qualsiasi tipologia di realtà, sono in grado di leggere i dati, uniformarli e fare in modo che il progetto possa utilizzarli. È una souzione che si usa in cloud: il cliente sceglie pattern, misure, scarica il file dvg (un modello per il Cad) e il file di produzione è pronto», chiosa il Coo di Woodskin Materea Industries, che ha realizzato con questo sistema il soffitto in legno della sala dell’Onu di Ginevra: «Mille metri quadrati di soffitto prodotto in tre settimane e montato in 20 giorni. Tra progettare e realizzare una superficie complessa ora il passo è breve».
Lo scenario prossimo venturo
«Il mercato continua a essere ottimista per quanto riguarda il potenziale di crescita delle startup del settore», sottolinea il professor Andrea Ciaramella, «e il dibattito è animato: gli studi più recenti, per esempio, si stanno concentrando sulle implicazioni dell’uso delle proptech per migliorare la trasparenza del mercato immobiliare e i vantaggi competitivi che le possono dare ad aziende o regioni. Un altro argomento nuovo è l’impatto che le proptech possono esercitare sullo sviluppo delle aree non urbane attraverso le richieste tecnologiche per i servizi necessari nelle zone rurali per trasformarle attraverso modelli di villaggio intelligente verde. La tecnologia Blockchain viene sempre più utilizzata per i cosiddetti “contratti intelligenti”, che attraverso un meccanismo di interazione tra i proprietari immobiliari e gli utenti finali semplifica le funzioni per la stipula, la modifica o la chiusura dei contratti e per digitalizzare l’amministrazione del territorio. Infine, si continua ad analizzare come la modellazione delle informazioni del processo edilizio (Bim, building information modeling), gli strumenti di analisi dei dati, le tecnologie industriali e i servizi immobiliari automatizzati per la gestione della proprietà riescano ad affrontare le varie esigenze delle parti interessate, a migliorare le prestazioni della proprietà (anche dal punto di vista dell’efficientamento energetico) e contemporaneamente a ridurre i costi».