È il principale operatore in Sud Europa nell’ambito dei servizi di credit, specializzato in particolare nel servicing di Non-performing loans (NPL), Unlikely to pay (Utp), Early Arrears (crediti con un arretrato inferiore ai 90 giorni), e crediti performing. Ma il gruppo doValue è attivo anche in campo di real estate. In questa intervista Manuela Franchi, General manager e Cfo del Gruppo doValue, spiega come questa parte dell’attività, nata in Spagna e portata in Grecia con successo, incontri in Italia l’ostacolo della lentezza del recupero del credito in generale, e delle aste immobiliari in particolare.

Quando nasce la vostra diversificazione sul real estate?
Abbiamo aumentato le nostre competenze nel real estate con l’acquisizione di Altamira in Spagna nel 2019. Questo perché nel 2007-2008 con la crisi finanziaria le banche spagnole si trovano molto esposte al mondo del real estate. Le società di sviluppo immobiliare falliscono, e le banche si ritrovano sui loro bilanci non solo i crediti verso queste società ma anche gli immobili stessi che le società avevano acquisito. Qualche anno dopo decidono di fare outsourcing della gestione dei crediti problematici: c’era un problema di capitale delle banche, cedendo le loro piattaforme di servicing potevano rafforzarlo. Questi carve-out di banche, acquisiti spesso da fondi di private equity, si sono trovati a gestire tutti i crediti problematici che avevano come sottostante il real estate. L’attività di pignoramento, che consiste nel reimpossessarsi dell’asset sottostante il credito, a livello regolatorio e di processo in Spagna è molto più semplice, è un processo veloce che permette alle banche di acquisire l’immobile e poi venderlo tramite broker, portali immobiliari gestiti delle società di servicing o altri canali.
In quali altri Paesi avete portato con successo questa attività?
In Grecia, che si è adeguata molto velocemente perché aveva un problema grande di crediti problematici, con Npl ratio superiori al 20%. Nel 2017-18 il regolatore ha facilitato il processo per acquisire una licenza di servicing, e ha migliorato la legge fallimentare. Prima in Grecia era quasi impossibile per una banca liquidare un prestito, doveva continuare a ristrutturare con il contraente il credito; e per ultimo ha facilitato le aste di immobili, che oggi avvengono per la maggior parte online, con un processo molto trasparente e veloce. Nell’80% dei casi è la banca stessa che ha il credito deteriorato che compra l’asset e poi lo rivende.
E in Italia?
Abbiamo portato questo business anche in Italia, ma il processo è stato molto più lento, anche perché a livello fiscale non era particolarmente vantaggioso. C’è stata un’accelerata negli ultimi anni, a partire dal 2017-2018, ma sempre ancora a livelli molto meno evoluti della Spagna. Per vendere in asta un immobile sottostante un credito in Italia bisogna fare l’asta di persona in tribunale; e l’asta ha diverse fasi, che hanno delle regole un po’ complesse. Molto spesso si impiegano per un’asta e i successivi rilanci anche 2-3 anni. Intanto il bene si deteriora, ed è più difficoltoso poi per la banca andarlo a comprare in asta e rivenderlo, quindi spesso si svaluta. In Italia, anche al di là del real estate il processo di recupero medio del credito in caso di un processo fallimentare dura in media tra i 6 e i 7 anni: siamo penultimi nella classifica europea. Con il Covid, poi, c’è stato un periodo di chiusura completa dei tribunali, quindi le banche erano impossibilitate a recuperare. In più si erano aggiunti due elementi, la moratoria in cui non si poteva neanche classificare Npl il credito; e il blocco delle aste sulla prima casa, quindi per tutti i crediti non performing, anche lo fossero stati prima del Covid, se il sottostante era la prima casa l’asta non poteva avvenire, il che ha bloccato i recuperi. Siamo stati il Paese europeo che ha mantenuto più a lungo il supporto a economia e famiglie. Inoltre, il Covid ha comportato un maggiore investimento da parte dello Stato nell’informatizzazione dei tribunali.